mercoledì 2 dicembre 2009

3 dicembre 2009

3 dicembre 2009,Giornata internazionale delle persone con disabilità.

Questa è la giornata internazionale delle persone con disabilità. Dico bene, persone con disabilità. Non disabili, seppur con questo termine si faccia presto a nominarli. La terminologia è molto importante. Persone perché ancor prima della disabilità in questione esiste l’individuo. Spesso ci suona strano che un disabile sia, -come tutti- una persona. E siamo bravissimi a dimostrarlo coi fatti. Quando pensiamo che un disabile non sia in grado di offrire qualcosa alla società, quando notiamo un disabile che va in giro vestito in modo elegante e squadriamo gli occhi come se loro non avessero diritto di mettersi qualsiasi indumento al di fuori della tuta da ginnastica, quando un disabile scende dal suo furgone dotato di pedana elettronica e guardiamo come se quello lì fosse un extraterrestre (da qui a considerarlo persona, figuriamoci poi), quando sentiamo che un disabile si è laureato col massimo dei voti e ci pare un fatto miracoloso, quando andiamo a una mostra di quadri bellissimi dipinti da disabili, ci pare assurdo che quelle meraviglie siano state dipinte da degli handicappati … e ahimè di esempi ce ne sarebbero infiniti. Che significato ha dunque questa giornata? È una festa? O piuttosto un momento per dare loro voce in capitolo, per comunicare, per essere ascoltati da una società che il resto dell’anno sembra ignorarli del tutto? Mettiamoci in testa che le persone con disabilità esistono, 365 giorni all’anno. Non basta una giornata. Andrebbero sempre ascoltate. Mi viene quindi da pensare che questa giornata esista per dar loro il contentino. “Mio caro disabile, ti dedichiamo un’intera giornata. Una giornata tutta per te, mio dolce ammalato!! Il resto dell’anno? Bah probabilmente andrai in letargo. Smetterai quindi –si spera- di lamentarti delle barriere architettoniche, del lavoro che non trovi, della gente che ti guarda con pietismo…”Invece il disabile esiste sempre e si da il caso che la disabilità ce l’hai per tutta la vita. Altro che letargo!!! Certo questa giornata sarebbe utile se fosse un modo per avvicinare le persone con disabilità alle persone ordinarie. Organizzare nelle piazze Italiane un grande evento! Non vendere qualche mela per finanziare un’associazione. Ma porre attenzione sull’individuo. Sui sogni, sui progetti, sul suo gusto artistico (musei accessibili ad esempio), sull’abbigliamento (quindi consentire a chiunque di poter entrare in un negozio), sui mezzi tecnologici (una tecnologia a portata di tutti, anche economicamente perché non basta che esista un computer speciale dotato dei più avanzati mezzi se il suo costo è troppo elevato per il disabile). Per una volta modellare il mondo in funzione di chi ci vive, disabili e non. E non far si che sia la famiglia del disabile ad “inventarsi un mondo che vada bene a tutti i costi.” Un unico mezzo pubblico ad esempio dovrebbe essere pensato per sordi, non vedenti, disabili in carrozzina, bambini ecc…Siamo molto indietro. In America è stata pubblicizzata una marca di jeans da una ragazza paraplegica. In Italia quando si propongono queste cose la risposta ha sempre lo stesso ritornello…”La moda è esternazione di bellezza e di perfezione nelle forme." Il disabile è considerato imperfetto, bruttino, sconveniente, inadeguato… assolutamente non idoneo a sfilare in passerella! Come non è idoneo a fare il presentatore in televisione, o l’attore oppure ancora ad ricevere cariche ministeriali…Diciamocelo chiaramente allora: la nostra società non è ancora pronta a vedere il disabile come persona. Qualcosa è stato fatto però e mi ha colpita. Per una volta arte e disabilità insieme a Torino. La mostra si chiama Open To All ed è rimasta aperta al pubblico per un intero mese da ottobre ai primi di novembre. Si tratta di fotografia, quaranta scatti inediti. Otto artisti torinesi declinano il tema della disabilità secondo il proprio punto di vista. Ritratti di persone meravigliose che sciano, ballano, recitano, giocano a basket...eppure a loro mancano dei “pezzi”. La perfezione sta nell'insieme non nel conteggio dei pezzi. Non possiamo giudicare le persone in questo modo. Le persone sono altro. Siamo qui, siamo qui con loro. E per strada il disabile non incontra di certo il buon pensante, il politico, il presidente…incontra noi gente ordinaria. E allora l’aiuto concreto deve partire da noi cittadini. Insieme. Per un mondo che risponda alle esigenze di tutti. Per una società che guardi a tutti, anche ai malati. Rimodelliamo il mondo. Ripensiamolo, per tutti. Andiamo oltre la disabilità. Superiamo questi crepacci e arriviamo insieme a loro alla vetta!! Allora avrà un senso anche questo 3 dicembre.

Myriam

mercoledì 21 ottobre 2009

Supereroi

Voi li chiamate handiccapati, o diversamente abili, o disabili. Io li chiamo Supereroi...delicati pezzi di vetro fuori e preziosi diamanti dentro. Supereroi perché non posso che meravigliarmi e sentirmi piccola di fronte a loro. Come si fa a chiamare disabile una persona che ha attraversato tutto l'Oceano Altlantico in barca a vela? Come si fa a chiamare disabile uno scultore non vedente che crea vere e proprie opere d'arte? Come si fa a chiamare disabile un premio nobel per la fisica?



Myriam

giovedì 17 settembre 2009

Testimonianza di Antonio Allori

" In mezzo alla strada, in un ristorante o in un supermercato io non incontro il buon pensante, incontro la gente semplice. E allora bisogna incominciare a parlarne di questa benedetta DISABILITà!! Diffondiamo la cultura della disabilità, perché sia un argomento a portata di tutti !!! Ascoltiamo i malati, impariamo a garantire loro delle cure invece di stare a discutere sui suicidi assistiti. I malati non pretendono di guarire ma vogliono essere curati e assistiti!! "

[ Testimonianza di Antonio Allori, ammalato di SLA, intervistato personalmente da me per questo blog. ]



Myriam

mercoledì 19 agosto 2009

Quella donna

Si sedette sul divano. La gonna le cascava sulle ginocchia, le pieghe seguivano perfettamente le sue gambe. Aveva una magliettina scollata che lasciava intravedere il suo bellissimo seno. I lunghi capelli neri, sciolti. Era meravigliosa. Lui la guardava. Le sue labbra si avvicinarono piano piano, semplicemente perché lui potesse sentirla meglio mentre parlava. E lui, o quanto avrebbe voluto invece baciarla! Quelle labbra erano un sogno, un mare immenso in cui egli si stava perdendo. Forse troppo. E ogni volta era sempre la stessa cosa. O quanto avrebbe voluto che qualcuno li prestasse un paio di braccia solamente per poterla abbracciare e stringere forte! E invece era lì, immobile. Con un corpo inerte. Un corpo che non poteva controllare, e una testa che invece ragionava benissimo e sapeva quel che voleva. Che quasi quasi la testa senza il resto del corpo sarebbe stato meglio. No! Lui era lì, e pretendeva. Cresceva con gli anni. Bisognava lavarlo, vestirlo, mantenerlo ma non li serviva a nulla se non a infondere pietà nella gente - cosa che lui odiava molto-. Adesso aveva avanti a se quella donna meravigliosa, e una voglia immensa di lei. Che non poteva non essere soddisfatta. Lei intanto parlava. Non sapeva. Una lacrima scese dal viso di lui. Una lacrima di tristezza, di rabbia... lei era come una scultura meravigliosa che però non si può toccare. E quanto invece desiderava toccarla, sollevarle la gonna, baciarla... Così perchè quella voglia si era accesa in lui, semplicemente ascoltando quella giornalista che parlava. Non erano neppure tanto intimi, eppure...sentiva crescere in lui la passione, la sensualità! E lei parlava, parlava ignorando tutto. Ignorando che anche un disabile potesse avere voglia di una donna. Ignorando quanto stava soffrendo lui nel vederla, nell'ascoltarla...nel sopportare il fatto di non poter avere quello che voleva. Ignorando anche quante altre volte si era sentito così. Quando l'altro giorno la sua amica si era messa a piangere e lui avrebbe voluto consolarla offrendogli un abbraccio, ad esempio. Quella donna era lì. Inondava di voglia la sua mente. Ma un muro divideva i due. Un muro, il suo muro. Un muro difficile da scavalcare. Impossibile da rimuovere. Un muro che faceva male. Una paralisi. Un corpo che non rispondeva più. Eppure lui continuava ad avere voglia di quella donna...

Myriam

giovedì 9 luglio 2009

Qualche pensiero

Quanti di voi sanno suonare correttamente uno strumento musicale? Ovviamente non tutti. Ognuno di noi possiede limiti e risorse e con questi si confronta ogni giorno della sua vita. Ognuno di noi è disabile rispetto a qualche cosa e risorsa rispetto a qualche cosa d'altro. Allo stesso modo una persona disabile è quella che ha dei limiti fisici, psicologici o sensoriali, ma non per questo vale meno di altri. Ciò che non si conosce non si comprende e inevitabilmente spaventa, ma sarebbe bello riuscire a non assumere più un'espressione strana e impaurita quando ne incontriamo uno per strada. Un ragazzino disabile della vostra età ha esattamente i vostri stessi problemi, litiga coi genitori, discute con l'insegnante, si ammala, si emoziona per una canzone...dove sta la diversità? Sicuramente la malattia e la sedia a rotelle sono una parte ineliminabile di una persona ma non rappresentano il tutto, c'è anche altro dietro: pensieri, emozioni, progetti, ideali. È brutto pensare che per molta gente queste persone sono solo persone “malate”, che camminano come pinguini, che si divincolano su una carrozzina, che guardano storto, obese e bruttine.Ognuno di noi ha una propria storia da raccontare che ci permette di essere unici ed irripetibili. L'esperienza è arricchimento per tutti, si anche l'esperienza di una persona disabile. Vi siete mai soffermati invece a guardare negli occhi una persona disabile? Avete mai imparato a conoscere davvero una persona disabile? Fatelo. Non ve ne pentirete. Non fermatevi all'apparenza, perché il vero handicap è quello di non riuscire ad andare oltre. Cos’è che ci spaventa tanto? La diversità? La diversità è una condizione umana. Come mai così tante differenze? Nella nostra costituzione sta scritto che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Di fatto però il disabile sopravvive, raramente si sposa, ancora più raramente ha figli, anzi la donna disabile non può nemmeno adottarli…Se il disabile lavora è precario o vive di piccoli lavoretti, ha una pensione minima che gli permette solo di provvedere ai suoi bisogni essenziali (ecco perché non troviamo quasi mai disabili in un locale a divertirsi). Inoltre il disabile incontra anche barriere architettoniche. Il disabile è lungi da avere uguaglianza e libertà. Almeno per ora. Forse esiste qualche rara eccezione avvantaggiata da una buona famiglia, tanto aiuto e una città più o meno accessibile. Ma gli altri? Sembra quasi si viva in due mondi paralleli. Siamo qui, siamo qui con loro. E per strada il disabile non incontra di certo il buon pensante, il politico, il presidente…incontra noi gente corrente. E allora l’aiuto concreto deve partire da noi cittadini. Insieme. Per un mondo che risponda alle esigenze di tutti. Per una società che guardi a tutti, anche ai malati.

Myriam

lunedì 22 giugno 2009

6 giugno 2009- tavola rotonda sulla disabilità



Il 6 giugno 2009 insieme a tre carissimi amici ho partecipato come relatrice alla tavola rotonda seulla disabilità organizzata a Milano dal festival di letteratura e società. Un evento molto emozionante, per il tema delicato e per il fatto che era la prima esperienza dietro ad un microfono. Gli altri tre relatori erano Claudio Arrigoni- giornalista sportivo, Antonella Ferrari-attrice teatrale e televisiva affetta da Sclerosi Multipla e Antonio Malafarina- esperto nel campo della disabilità. Il mio intervento è stato in particolare sui giovani disabili e sul loro rapporto con la società...




" Credo che i giovani disabili abbiano innanzitutto il desiderio di essere considerati come persone e invece troppo spesso sono guardati esclusivamente come malati.


C'è un desiderio profondo che le persone imparino a conoscere il giovane disabile in questione. Che la scoietà capisca che sicuramente la disabilità è una parte ineliminabile di una persona ma non è il tutto c'è anche altro emozioni, sentimenti, ideali, progetti...Ed è su questo che i giovani disabili vorrebbero un cambiamento. La società dovrebbe concentrarsi su quello che ognuno di loro è in grado di dare, sulle loro capacità residue piuttosto che sui loro limiti. Senza mai perderli di vista, chiaramente. Un disabile vorrebbe che la gente capisse che ha esattamente le stesse esigenze di un qualsiasi altro disabile. Uscire, andare al cinema, mangiare una pizza, fare un aperitivo con gli amici. E invece la vita di un giovane disabile è fatta di riabilitazione, terapia, momenti in associazione...




I giovani disabili e non solo, in generale tutti i disabili si aspettano dalla società un cambiamento di cultura. L'essere accettati. Senza essere guardati con pietà: la pietà offende. Essere parte della società significa per loro avere le stesse possibilità dei coetanei normodotati, in ambito lavorativo, sportivo ma anche in ambito di svago. Questo vuol dire RENDERE L'AMBIENTE ACCESSIBILE e mettere un giovane disabile in condizioni di muoversi da solo con i mezzi. C'è il desiderio profondo di non essere guardati ogni volta che si va in un locale e magari indicati anche col dito. Ciò accade perché specialmente nelle scuole c'è disinformazione. Si parla ti alcol, fumo, droga ma di disabilità poco o niente.


Troppi sono i luoghi dove il disabile passa tutto il suo tempo con un altro disabile. Tutti lì in un centro per disabili, schiacciati, stipati come sardine, confinati a loro stessi, ghettizzati ! C'è bisogno di uscire fuori dai confini della quotidianità e di un rapporto fra uomo e uomo che spesso per il disabile manca come manca il confronto coi coetanei. Come mancano troppe cose. "




Myriam 6 giugno 2009.








domenica 14 giugno 2009

Freedom


Freedom.
L'acqua. Intorno solo acqua. Niente barriere. Niente sguardi discriminatori. Tu e una qualsiasi altra persona, combattete ad armi pari. E spingi forte con le braccia, avanzi. Da sola. Senza la mediazione della carrozzina. Sono sensazioni fantastiche. Poi sott'acqua, quasi come una sirena. Ascolti il grande silenzio. Lontana dal resto del mondo. Nuoto al tuo fianco. Sorridiamo. Attimi di eterna libertà. La osservi lì sul bordo, al sole...dimentichi quasi che quella sedia ti appartiene. Libertà. Libertà. Libertà. Sensazioni perdute. Rivissute ieri, finalmente. L'acqua, lei si che è tua amica.
Myriam

domenica 31 maggio 2009

Situazioni assurde !

Come ogni sabato sera la mia migliore amica ed io usciamo...direzione pizzeria !! Vado a prenderla a casa, smonto la sedia la carico in macchina e andiamo...

In pizzeria...

“ Mamma guarda quella lì è handicappata, che sfortuna...guarda mamma sta mangiando anche una pizza... “ " Senti bel bambino ma ti suona così strano che io stia mangiando una pizza in una pizzeria? Ah forse potevo ordinare del caviale che scema ! Vuoi anche un mio autografo, visto che mi fissi con così tanto interesse? "

Succede. Spesso. Troppo spesso. Che simpatica questa gente che ti ricorda ogni istante che sei DISABILE !!! Meno male che ho una migliore amica, ironica e positiva.

Oltre la disabilità...

La disabilità è sicuramente una parte ineliminabile di una persona ma non è il tutto. Dietro la disabilità c'è altro: sogni, progetti, emozioni, ideali, valori...
Siamo così sicuri quindi che un disabile si accontenti di fare riabilitazione, fisioterapia, e stage? O un disabile può, come qualsiasi altra persona avere anche voglia di altro come ad esempio uscire, andare in vacanza o mangiarsi una pizza con gli amici? E se un giovane disabile soffre è inevitabilmente a causa della sua malattia? O come tutti soffre per amore, amicizia, scuola? Voglio dire che la vita di una persona disabile non ruota solo attorno alla sua malattia. Un giovane disabile ha esattamente le mie stesse esigenze.

Sono queste le cose su cui riflettere per cambiare concretamente qualcosa.

lunedì 4 maggio 2009

Dedicato a un malato di SLA

Hai appena aperto gli occhi, un debole respiro, accompagnato da un gremito e un soffitto freddo e sfocato ti appare davanti. Lui, il soffitto fa da sfondo a tutte le tue giornate. Occhi puntati verso un soffitto immutabile. Come una fragile foglia il tuo corpo, riposa sotto le lenzuola. Sei un allettato, sei anche tracheostomizzato, intorno a te tanti piccoli apparecchi e tu inevitabilmente legato a loro. Per la società sei solo un allettato, corpo inerte steso in un letto. Mentre tu vivi, respiri e ti emozioni, il mondo continua a girare. I bambini giocano in cortile, il vicino di casa porta a spasso il cane, gli amici partono in vacanza. Tu con l’immaginazione e la memoria evadi dalla tua malattia. Sei davvero solo un allettato e niente più? O se provassimo ad andare oltre scopriremmo un uomo, felice, dentro la vita e non solo in vita per fortuna. La società non va oltre. Non va oltre con i disabili in carrozzina figuriamoci se si scomoda per scoprire cosa si nasconde dietro ad un malato di SLA, che tanto vive in casa a letto quindi che esista o meno non fa differenza.
È ammirevole invece vedere come conduci un’esistenza tranquilla senza rimuginare su quello che ti manca, ma tendendo sempre al meglio. Si può discutere di letteratura, filosofia e quant’altro anche se si vive sdraiati ! Essere malati di sclerosi laterale amiotrofica, non vuol dire essere incapaci. È la società che annienta i malati, coi pregiudizi, con le etichette…
Qualcuno ha rubato l’anima di queste persone. Erano persone con un dono, sapevano accarezzare le corde più profonde dell’animo. Dietro la disabilità c'è l'individuo. E spesso lo dimentichiamo.



martedì 28 aprile 2009

Il mio viaggio

Ho iniziato un viaggio cinque anni fa, e ho scoperto che loro non sono solo in vita per fortuna ma sono dentro la vita, ho scoperto che se non fossero nascosti nello sgabuzzino dell’indifferenza avrebbero molto da donarci, ho scoperto che grazie a loro ho imparato l’arte di vivere non per essere “normale” ma solo me stessa, mi hanno insegnato che non bisogna avere paura della sedia a rotelle perché permette il viaggio nella vita guidati da compagni di avventura.
Credo che in fondo ognuno di noi sia unico ed irripetibile. Sicuramente la malattia è una parte ineliminabile di una persona ma è solo una facciata della persona, c'è altro dietro, sentimenti, pensieri, emozioni, sogni, progetti ....
Per favore smettiamo di pensare " poverino già è disabile almeno diciamogli che è speciale " Un disabile non ha bisogno di pietà. La pietà lo offende. Impariamo invece a guardare il disabile negli occhi, impariamo a conoscerlo come faremmo con qualsiasi altra persona e non fermiamoci un attimo prima dell'oltre.
Dovremmo tutti partire ad esempio dall'idea che un giovane disabile ha esattamente le stesse esigenze di un qualsiasi altro giovane...uscire, fare progetti, sognare, divertirsi, andare ai concerti e non condurre invece, ( come spesso avviene ) una vita esclusivamente da “malato”.

Myriam

La disabilità non è assolutamente contagiosa.

Sfatiamo un mito... a voi tutti che pensate che la disabilità sia contagiosa io dico che assolutamente non c'è rischio che se abbracciate, baciate o poggiate una mano sulla spalla di una persona disabile diventiate anche voi disabili ! Tranquilli quindi. Eliminiamo pensieri come: " Non lo abbraccio perché è fragile, se lo tocco poi magari si fa male " oppure ancora " tanto è paralizzato che vuoi che senta? Non serve una carezza, tanto non la sentirebbe " è triste pensare che esistano questi pensieri, eppure ci sono. Una carezza ad un amico in difficoltà è uno dei più bei gesti che esistano...perché loro non hanno il diritto di provare queste sensazioni? Perchè ci ostiniamo a trattarli da diversi? Impariamo a stare vicino ad una persona disabile, poggiandoli una mano sulla spalla quasi facendo in modo che la sua disabilità ci attraversi. In fondo l'amicizia è condivisione. Io vivo la disabilità insieme ai miei amici disabili. E se la disabilità ci suona un po' come uno zaino troppo pesante da portare, allora possiamo offrirci di portare insieme ai nostri amici disabili questo peso in modo che risulti meno faticoso il cammino. Io vi assicuro che di amici disabili ne ho tanti, eppure sono sanissima...non è che se state assieme a persone disabili allora anche voi rischiate di diventarlo, loro sono per me occasione di arricchimento. Non li ho scelti perché sono disabili ma semplicemente per quello che oguno di loro è stato capace di trasmettermi.