giovedì 30 settembre 2010

3 Ottobre 2010...8^ Giornata Nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche.




3 Ottobre 2010.

8^ Giornata Nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche.

La legge per l'abbattimento delle barriere architettoniche risale al 1989. Sulla carta è tutto perfetto ma purtroppo da allora non è cambiato granché sul piano pratico. Lo sa bene chi ogni giorno è costretto ad incazzarsi col mondo per riuscire a muoversi in città. Lo sanno bene i -temerari- genitori che accompagnano i loro figli disabili a scuola. Lo sanno bene gli amici che sdrammatizzano per cercare di strapparti un sorriso a tutti i costi.

La disabilità rappresenta il cattivo rapporto con l'ambiente. Quindi più l'ambiente è accessibile più la disabilità diminuisce in un certo senso.

Le barriere architettoniche sono come una prigione...Quando ti ritrovi nella metropolitana e sei costretto a ritornare a casa perché in quella fermata non c'è il montascale è infernale. Un viaggio a vuoto. Eterni minuti persi lì sotto con l'illusione di poter scorgere il cielo. Quando una madre si ritrova da sola per strada a spingere il figlio sotto la pioggia perché l'autobus non ha la pedana è triste. Quando sei giovane e non puoi andare al concerto del tuo cantante preferito, non puoi entrare nel negozio della tua marca preferita, non puoi andare a comprare un fiore per la tua ragazza perché il negozio non ha lo scivolo, non puoi andare in piscina, non puoi andare in tanti altri posti...smetti di vivere. Ma le barriere non sono solo queste. Ci sono tante barriere anche nel web. Per esempio se una parola non è scritta correttamente o è abbreviata il sintetizzatore vocale di una persona non vedente farà fatica o non riuscirà a leggere la parola, di conseguenza la persona non ne capirà esattamente il significato. Questo è brutto, ma accade spesso.

Poi però a volte ci sono gli amici. Quelli che ti prendono in braccio e fanno le scale con te. Quelli che bloccano l'autobus finché non sono riusciti a fartici salire. Quelli che anche se nel negozio di vestiti non puoi entrare, piuttosto ti portano fuori i jeans da provare. Quelli che ti porterebbero ovunque, superando qualsiasi ostacolo...
Ma ci sono anche gli sconosciuti che ti danno una mano, anche se sono in ritardo al lavoro. Ci sono i padri che in montagna ti caricano sulle spalle e ti portano con loro fino alla vetta. Ci sono persone semplici che si battono per te, anche se non ti conoscono.
E poi ci sei tu, persona con disabilità che non ti butti giù, che non ti piangi addosso ma stringi i denti pretendendo i tuoi diritti ma anche rispondendo ai tuoi doveri. Ci sei tu al centro di tutto. Con una vita che dipende fortemente dalle barriere architettoniche -eppure ancora sei capace di sorridere-.
Ed infine c'è internet che ti permette di fare la spesa a domicilio, di comprare un regalo per la tua ragazza, di prenotare un servizio navetta o un taxi, di verificare l'accessibilità di alcune strutture -anche se finché non sei sul luogo non ne sei certo-.

Ecco io vorrei che la società potesse garantire alla persona con disabilità la partecipazione alla vita culturale, aprendo mostre e musei...Vorrei che alla persona con disabilità fossero garantiti dei diritti che di fatto noi -persone ordinarie- abbiamo ma che loro non possono sfruttare a causa delle barriere. Vorrei sconfiggere queste barriere. Vorrei che domenica ognuna di queste persone si sentisse LIBERA. E la libertà parte anche dalle nostre barriere mentali.




Myriam


giovedì 23 settembre 2010

Eu-Thanatos "buona morte"

Io sono d'accordissimo sul fatto che la vita sia sacra. Ma chi chiede l'eutanasia (casi come Welby) non lo fa perché non riconosce come sacra la vita, qui ciò che sarebbe da discutere è la QUALITà della vita di queste persone. Non si chiede l'eutanasia perché non si riesce a guarire o perché non si ha speranza, la si chiede perché non si è CURATI come si dovrebbe, perché -appunto- la condizione in cui si è non è VITA come dovrebbe essere. Anzi come diceva George Simenon "I malati non vogliono guarire, vogliono curarsi". Diventa molto difficile, decidere a tavolino con una legge questo genere di situazioni che sono situazioni intime, personali, individuali. Non è detto che una legge sia applicabile a tutti i casi. Ognuno, ogni "malato" ha una situazione diversa, non posso applicare una legge generale per situazioni molto differenti. Ad esempio, Eluana e Welby per me sono due situazioni ASSOLUTAMENTE diverse. Welby era un uomo cosciente, non era un "vegetale", poteva esprimersi, sapeva quello che stava chiedendo e lo faceva ora che si trovava in quella determinata situazione, non 10 anni prima o 20 anni prima chiacchierando con un amico "ah sai se mi succede questo io voglio morire"...ha chiesto l'eutanasia dopo anni di lotta in quella condizione, dopo una acuta riflessione, in casi come questi IO sono favorevole. Decidere per altri è egoistico. Decidere di non staccare la spina a Welby sarebbe stato egoistico perché lui c'era e chiedeva una cosa ben precisa, ed aveva una sua dignità. Allo stesso modo è stato a mio parere egoistico staccare la spina ad Eluana. Chi ha la certezza che lei pur avendo detto anni e anni prima "io vorrei morire in quella condizione" nel momento in cui le è accaduto il fatto non abbia avuto un ripensamento? Diversamente da Welby, Eluana non poteva esprimere il suo pensiero. A mio parere queste cose sono esperienze così dure, così forti, che non puoi nemmeno ipotizzare cosa penserai dopo, non puoi perché il tuo pensiero presente formulato quando stavi bene può cambiare completamente dopo, cambi, cambia il tuo corpo, cambia il pensiero. E mi sconvolge che nel CODICE DEONTOLOGICO MEDICO DEL 1998 ci sia scritto nell'articolo 34: "Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso"

E se Eluana non voleva più morire? Non poteva comunicarlo, ma non significa che magari non avesse il desiderio di vivere. Welby ha comunicato. Mi fa tristezza pensare al gesto fatto nei confronti di Eluana, è morta. Ha meno valore di Welby perché non comunicava? è stato egoistico "staccarle la spina" perché lei non ha mai comunicato in quella situazione il suo voler "morire" chiaramente come l'ha fatto Welby. Eluana era in coma. Hanno staccato la spina, ma tanto lei anche se non era d'accordo non avrebbe potuto dirlo. Sarebbe stato meglio allora lasciarla vivere...che di sicuro era più importante. Come si può fare affidamento a un pensiero detto tanto tempo fa da una Eluana che non era la stessa di quando la spina è stata staccata? Cosa ne sappiamo noi, se nel momento della tragedia lei non ha avuto ripensamenti? L'uomo ha pensato al suo posto. Questo mi fa tristezza. Il malato, anche quello inerte ha per me -sempre- una sua dignità. Sia che chieda di morire, sia che non si esprima perché non può - ed in quel caso è compito dei medici garantire sempre e comunque una VITA-. Welby ed Eluana, erano due persone. Erano per me sullo stesso piano. Eppure solo uno è stato ascoltato davvero. La malattia non deve essere vista come un peso, purché il malato sia preso in carico, purché gli sia garantita una vita degna. Forse chi chiede l'eutanasia lo fa perché non è abbastanza informato sulla malattia, perché non è preso in carico ed assistito adeguatamente, perché non gli si garantisce una vita dignitosa...se iniziassimo a spianare questa strada forse le richieste di eutanasia sarebbero molte meno. Forse. Invece di partire da leggi, bisognerebbe partire col rispondere ai bisogni del paziente.


Tutto questo è un mio pensiero, discutibile.


Myriam.