sabato 1 gennaio 2011

Welcome 2011

Eccoci qui.
Un anno che termina ed uno nuovo che inizia. Un anno importante. Il 2011 è l'anno Europeo del volontariato. Il mio augurio è che davvero si riesca a rivolgere maggiore attenzione al mondo del volontariato. C'è bisogno di giovani attivi, di tante mani che s'intrecciano. C'è bisogno di solidarietà, di mettersi in gioco per l'altro, di mettersi al servizio. Spero che quest'anno sia un anno di crescita e di riflessione per arrivare ad aprirsi sempre più verso l'altro. Un altro bisognoso ma che se conosciuto bene è capace anche di donare qualcosa.

E già che ci siamo vi consiglio di leggere il mio libro sulla disabilità: "Profondo come il mare" Ed.Paoline, per una bella riflessione sulle persone con disabilità e su cosa significa stare con loro. Un diario, un viaggio, un'avventura alla ricerca di grandi amicizie. Sono storie di incontri, di scontri, di avventure raccontate con un grande senso di autoironia che diventano denunce chiare e proposte altrettanto chiare. Per questo il libro può essere un interessante spunto di riflessione per tutti, con particolare riferimento a chi, nella pubblica amministrazione, è chiamato a servire i cittadini.


Buon anno!!!
Myriam

giovedì 30 settembre 2010

3 Ottobre 2010...8^ Giornata Nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche.




3 Ottobre 2010.

8^ Giornata Nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche.

La legge per l'abbattimento delle barriere architettoniche risale al 1989. Sulla carta è tutto perfetto ma purtroppo da allora non è cambiato granché sul piano pratico. Lo sa bene chi ogni giorno è costretto ad incazzarsi col mondo per riuscire a muoversi in città. Lo sanno bene i -temerari- genitori che accompagnano i loro figli disabili a scuola. Lo sanno bene gli amici che sdrammatizzano per cercare di strapparti un sorriso a tutti i costi.

La disabilità rappresenta il cattivo rapporto con l'ambiente. Quindi più l'ambiente è accessibile più la disabilità diminuisce in un certo senso.

Le barriere architettoniche sono come una prigione...Quando ti ritrovi nella metropolitana e sei costretto a ritornare a casa perché in quella fermata non c'è il montascale è infernale. Un viaggio a vuoto. Eterni minuti persi lì sotto con l'illusione di poter scorgere il cielo. Quando una madre si ritrova da sola per strada a spingere il figlio sotto la pioggia perché l'autobus non ha la pedana è triste. Quando sei giovane e non puoi andare al concerto del tuo cantante preferito, non puoi entrare nel negozio della tua marca preferita, non puoi andare a comprare un fiore per la tua ragazza perché il negozio non ha lo scivolo, non puoi andare in piscina, non puoi andare in tanti altri posti...smetti di vivere. Ma le barriere non sono solo queste. Ci sono tante barriere anche nel web. Per esempio se una parola non è scritta correttamente o è abbreviata il sintetizzatore vocale di una persona non vedente farà fatica o non riuscirà a leggere la parola, di conseguenza la persona non ne capirà esattamente il significato. Questo è brutto, ma accade spesso.

Poi però a volte ci sono gli amici. Quelli che ti prendono in braccio e fanno le scale con te. Quelli che bloccano l'autobus finché non sono riusciti a fartici salire. Quelli che anche se nel negozio di vestiti non puoi entrare, piuttosto ti portano fuori i jeans da provare. Quelli che ti porterebbero ovunque, superando qualsiasi ostacolo...
Ma ci sono anche gli sconosciuti che ti danno una mano, anche se sono in ritardo al lavoro. Ci sono i padri che in montagna ti caricano sulle spalle e ti portano con loro fino alla vetta. Ci sono persone semplici che si battono per te, anche se non ti conoscono.
E poi ci sei tu, persona con disabilità che non ti butti giù, che non ti piangi addosso ma stringi i denti pretendendo i tuoi diritti ma anche rispondendo ai tuoi doveri. Ci sei tu al centro di tutto. Con una vita che dipende fortemente dalle barriere architettoniche -eppure ancora sei capace di sorridere-.
Ed infine c'è internet che ti permette di fare la spesa a domicilio, di comprare un regalo per la tua ragazza, di prenotare un servizio navetta o un taxi, di verificare l'accessibilità di alcune strutture -anche se finché non sei sul luogo non ne sei certo-.

Ecco io vorrei che la società potesse garantire alla persona con disabilità la partecipazione alla vita culturale, aprendo mostre e musei...Vorrei che alla persona con disabilità fossero garantiti dei diritti che di fatto noi -persone ordinarie- abbiamo ma che loro non possono sfruttare a causa delle barriere. Vorrei sconfiggere queste barriere. Vorrei che domenica ognuna di queste persone si sentisse LIBERA. E la libertà parte anche dalle nostre barriere mentali.




Myriam


giovedì 23 settembre 2010

Eu-Thanatos "buona morte"

Io sono d'accordissimo sul fatto che la vita sia sacra. Ma chi chiede l'eutanasia (casi come Welby) non lo fa perché non riconosce come sacra la vita, qui ciò che sarebbe da discutere è la QUALITà della vita di queste persone. Non si chiede l'eutanasia perché non si riesce a guarire o perché non si ha speranza, la si chiede perché non si è CURATI come si dovrebbe, perché -appunto- la condizione in cui si è non è VITA come dovrebbe essere. Anzi come diceva George Simenon "I malati non vogliono guarire, vogliono curarsi". Diventa molto difficile, decidere a tavolino con una legge questo genere di situazioni che sono situazioni intime, personali, individuali. Non è detto che una legge sia applicabile a tutti i casi. Ognuno, ogni "malato" ha una situazione diversa, non posso applicare una legge generale per situazioni molto differenti. Ad esempio, Eluana e Welby per me sono due situazioni ASSOLUTAMENTE diverse. Welby era un uomo cosciente, non era un "vegetale", poteva esprimersi, sapeva quello che stava chiedendo e lo faceva ora che si trovava in quella determinata situazione, non 10 anni prima o 20 anni prima chiacchierando con un amico "ah sai se mi succede questo io voglio morire"...ha chiesto l'eutanasia dopo anni di lotta in quella condizione, dopo una acuta riflessione, in casi come questi IO sono favorevole. Decidere per altri è egoistico. Decidere di non staccare la spina a Welby sarebbe stato egoistico perché lui c'era e chiedeva una cosa ben precisa, ed aveva una sua dignità. Allo stesso modo è stato a mio parere egoistico staccare la spina ad Eluana. Chi ha la certezza che lei pur avendo detto anni e anni prima "io vorrei morire in quella condizione" nel momento in cui le è accaduto il fatto non abbia avuto un ripensamento? Diversamente da Welby, Eluana non poteva esprimere il suo pensiero. A mio parere queste cose sono esperienze così dure, così forti, che non puoi nemmeno ipotizzare cosa penserai dopo, non puoi perché il tuo pensiero presente formulato quando stavi bene può cambiare completamente dopo, cambi, cambia il tuo corpo, cambia il pensiero. E mi sconvolge che nel CODICE DEONTOLOGICO MEDICO DEL 1998 ci sia scritto nell'articolo 34: "Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso"

E se Eluana non voleva più morire? Non poteva comunicarlo, ma non significa che magari non avesse il desiderio di vivere. Welby ha comunicato. Mi fa tristezza pensare al gesto fatto nei confronti di Eluana, è morta. Ha meno valore di Welby perché non comunicava? è stato egoistico "staccarle la spina" perché lei non ha mai comunicato in quella situazione il suo voler "morire" chiaramente come l'ha fatto Welby. Eluana era in coma. Hanno staccato la spina, ma tanto lei anche se non era d'accordo non avrebbe potuto dirlo. Sarebbe stato meglio allora lasciarla vivere...che di sicuro era più importante. Come si può fare affidamento a un pensiero detto tanto tempo fa da una Eluana che non era la stessa di quando la spina è stata staccata? Cosa ne sappiamo noi, se nel momento della tragedia lei non ha avuto ripensamenti? L'uomo ha pensato al suo posto. Questo mi fa tristezza. Il malato, anche quello inerte ha per me -sempre- una sua dignità. Sia che chieda di morire, sia che non si esprima perché non può - ed in quel caso è compito dei medici garantire sempre e comunque una VITA-. Welby ed Eluana, erano due persone. Erano per me sullo stesso piano. Eppure solo uno è stato ascoltato davvero. La malattia non deve essere vista come un peso, purché il malato sia preso in carico, purché gli sia garantita una vita degna. Forse chi chiede l'eutanasia lo fa perché non è abbastanza informato sulla malattia, perché non è preso in carico ed assistito adeguatamente, perché non gli si garantisce una vita dignitosa...se iniziassimo a spianare questa strada forse le richieste di eutanasia sarebbero molte meno. Forse. Invece di partire da leggi, bisognerebbe partire col rispondere ai bisogni del paziente.


Tutto questo è un mio pensiero, discutibile.


Myriam.

domenica 27 giugno 2010

Amore e disabilità. Cosa c'è che non va?


Amore e disabilità. Cosa c'è che non va?

La società ci insegna che non si può amare un handicappato. Meglio girare alla larga! Ce lo insegna con la scarsa informazione che circola sulla disabilità, o non mostrando mai in televisione persone con disabilità o in tanti altri modi. Per esempio, voi avete mai visto un disabile che pubblicizza un profumo in Italia? Io no. Perché un disabile secondo l'opinione comune non è attraente o peggio ancora non usa il profumo perché non ha proprio occasioni per metterselo. Ma un messaggio ancora più grave che passa è che se per esempio hai un problema alle gambe la tua disabilità non si riduce solo ad esse ma ...intacca anche tutto il resto del corpo, cuore, cervello e anche anima. Come un veleno. La parte per il tutto. La negatività che per molti è sinonimo di disabilità dilaga in tutto l'individuo, come un virus. Ecco perché una persona con disabilità non può essere amata, la sua malattia rende negativa tutta la persona e noi "normodotati" non possiamo amare qualcosa che è il MALE. Se provassimo a scindere disabilità e Persona forse il nostro punto di vista cambierebbe.

Sbagliamo noi ma sbagliano anche loro che spesso pensano che un rifiuto sia inevitabilmente a causa della sedia a rotelle. Si dovrebbe accettare di non piacere come persona...capita. Invece ci si offende. Per molte persone con disabilità i "normodotati" non capiscono nulla. Entrambe le parti hanno bisogno di crescere e per questo è necessario mescolarsi, confrontarsi, conoscersi, educarsi e non vivere -come avviene ora- su binari differenti. Credo sia doveroso uno scambio, applicabile però solo quando si ha un po' di umiltà. Io, normodotato non mi sento superiore di fronte a te e tu disabile non dovresti rimanere ancorato all'idea che qualsiasi normodotato abbia in mente solo la tua disabilità. C'è tanta gente che sa apprezzare la Persona.

Gatto Panceri recita in una sua grande canzone -"L'amore va oltre"-. Io direi che l'amore va oltre ma ci sono dei limiti. Limiti superabili solo se si prova un sentimento reale. Allora si che saremo pronti per affrontare il mondo! Per convincere genitori e amici spaventati di quanto quella persona -nonostante sia disabile- ci renda felici. Perché alla fine è la felicità che conta no? Chi se ne importa dei sacrifici e delle tante cose che insieme non si possono fare. Ce ne sono altre mille che si possono fare! C'è l'amore che ti torna indietro a compensare tutto. C'è lui che ha occhi solo per te. Dunque è davvero importante come sei? O conta piuttosto esserci?

Dalla parte dei genitori della persona con disabilità non c'è nessuna strana reazione. Per loro è prassi. Si aspettano da sempre e lo sperano fino in fondo che il loro figlio s'innamori di una normodotata che lo apprezzi in quanto persona. Crea sicurezza e gioia.

Dalla parte del normodotato invece è tutto complicato. Non è per niente una sicurezza, anzi piuttosto un pericolo. Una minaccia che incombe sull'equilibrio famigliare...

Quanta ignoranza!!! Addirittura una volta ho sentito dei genitori che temevano che il ragazzo della loro figlia potesse trasmetterle la distrofia!

Conclusione: chiunque può amare e l'amore è per tutti. Su questo non si discute. Cercare di vivere una storia e creare un progetto comune è già un passo più avanti, una sfida...fattibile!!!


Genitori vs amore e disabilità

Io mi immagino dei genitori che vengono a sapere che la loro figlia sta con una persona con disabilità. Immagino proprio la loro faccia scandalizzata, come se amare una persona con disabilità potesse sconvolgere l'equilibrio di una famiglia. Una tragedia, una minaccia, un cataclisma... Un buon genitore cerca di capire, magari non condivide subito ma prova a conoscere il tuo ragazzo prima di dare giudizi. Ti ascolta, si fida dei tuoi sentimenti. Se lo ami, accetta punto. Non si può certo impedire una relazione solo perché l'altro non è come avremmo sempre immaginato per una figlia. Un buon genitore poi dovrebbe preoccuparsi solo se la persona con cui hai una storia può essere pericolosa per te, può nuocerti. Ad esempio se si droga, o è violenta oppure ancora se ti tratta male e ti prende in giro: queste sono le uniche cose per cui un genitore potrebbe eventualmente ficcare il naso nella storia e troncarla con forza. Per proteggerti. Per aprirti gli occhi, di necessità virtù. Per il resto dovrebbe solo preoccuparsi che tu sia felice, con chiunque tu stia: nero, sordo, cieco, disabile, ateo...

Anche quando il resto del mondo ti guarda male, una mamma e un papà dovrebbero essere sempre lì per aiutarti. Invece spesso i genitori si uniscono all'opinione comune e si vergognano di te perché stai con un disabile. Ti ostacolano, pensano che la cosa non sia sana. Non importa se sei innamorata. Non si può "è disabile" -come se in bocca al padre ci fosse solo questa parola-. Troppi luoghi comuni. Le solite barriere mentali che ancora restano da abbattere. Si pensa che stare con una persona con disabilità significhi rinunciare a tante cose, sacrificio, cure e assistenza e il confronto quotidiano con una malattia. Nient'altro. E il confronto con la Persona? Esiste solo la parte malata? Il problema grande è questo: spesso i genitori vedono solo "Il disabile" e non invece una persona che ama, stima e protegge la sua amata. Una carrozzina non può impedire una storia. Non può perché l'amore dovrebbe essere un sentimento fortissimo capace di superare tutto. Dovrebbe...ma se una ragazzina di 16 anni si ritrova ad amare un ragazzo disabile e nello stesso tempo ha i genitori contro è difficile. Difficile perché manca il sostegno di qualcuno che ti incoraggi nonostante gli altri ti abbiano già lasciata sola: i tuoi genitori. E quando anche i genitori non ci sono, diventa difficile andare OLTRE. Si soffre. E allora si lascia stare. Ci si ritira. Triste realtà ma molto diffusa. Forse perché manca informazione e sensibilizzazione e ci si lascia influenzare dall'opinione più comune. Non si conosce ancora una volta abbastanza la disabilità.


Myriam

giovedì 24 giugno 2010

Tempo di vacanze.


Fine giugno, ci siamo arrivano le vacanze !! Agenzie viaggi prese d'assalto, centinaia di voli aerei già prenotati, case in affitto, programmi su cosa visitare, giovani che partono con gli amici per il mare...e fra tutto questo tram tram ci si dimentica spesso di chi non può quasi mai andare in vacanza dove vorrebbe. Circa 3 milioni di persone con disabilità vivono in Italia, e una buona parte di esse farà molta fatica a partire per le vacanze anche quest'anno. I motivi sono vari: problemi economici, gravi disabilità che non permettono di partire ma anche -e questo è davvero il motivo più tragico- le barriere architettoniche. I proprietari degli alberghi di certo non facilitano le cose, ti dicono che magari l'albergo è accessibile poi arrivi sul posto: il bagno è perfettamente a norma ma l'ascensore misura 58 cm, mentre la tua carrozzina ne misura 60! Capita spesso. C'è disinformazione sul concetto di accessibilità. Inoltre non basta, bisogna anche preoccuparsi che la spiaggia sia accessibile e spesso non lo è. Ma mettiamo caso che lo sia, basta che ci siano 4 persone con disabilità e i disagi si fanno subito sentire: la spiaggia è accessibile ma è prevista per una o due persone con disabilità, se ce ne sono 4 succede che 2 non possono fare il bagno finché la carrozzina per andare in acqua non è libera! Ma i problemi legati alle vacanze non riguardano solo il mare, parliamo anche di musei, vacanze all'estero, agriturismi...Le persone con disabilità vorrebbero andare in vacanza dove gli pare e non dove si sono informate che non ci siano barriere architettoniche ma già sanno di trovarne!

Per fortuna c'è chi come Ulivieri Maximiliano ha ideato un progetto che da un grande aiuto a chi come tutti vorrebbe partire in vacanza senza troppi pensieri. Sul sito: http://www.diversamenteagibile.it/ trovate informazioni su vacanze accessibili, strutture e attrazioni turistiche. " Diversamente agibile" nasce dal presupposto che nessuno meglio di chi ne usufruisce può recensire un servizio. Qui ci sono notizie su hotel, spiagge, località , ristoranti, musei ma anche racconti di viaggi...il tutto raccontato da persone con disabilità che quindi hanno davvero testato ciò che descrivono.

Vi consiglio anche

Insomma si va in vacanza e...sul sicuro!







Buone vacanze.

Myriam

domenica 21 marzo 2010

Sabato sera

Una festa. Una sera qualunque. Amici e tanta voglia di divertirsi. Tre gradini ci dividono dall'entrata del locale. Non ci scoraggiamo. Mai. Gli amici maschi -forzuti- alzano piano una sedia a rotelle, poi un'altra e poi un'altra ancora. Finalmente dall'altra parte! Lì dove c'è aria di musica drinks & divertimento. Assalto al buffet. Riempiamo dei piatti per i nostri amici "carrozzati" e poi nel modo più naturale del mondo, senza che in questo gesto ci sia nessuna traccia di "volontariato, associazionismo e quant altro" aiutiamo i nostri mitici amici a mangiare. Per amicizia. Perché gli amici si aiutano nel momento del bisogno. E non perché una persona con disabilità ha sempre bisogno. E così, quasi come avessimo lanciato una moda anche chi non ha mai avuto a che fare con persone con disabilità arriva e dice -"hey posso provare a imboccarlo?"- Meraviglioso. Poi ordiniamo da bere. Analcolici alla frutta e poi giù con la birra...- "mi fai fare un sorso?"- e coi piedi appoggiati alla carrozzina di un amico, sorrido con lui. Scattiamo un sacco di foto. Balliamo. Si, si tutti! Ci raccontiamo le ultime novità. Poi la torta con lo spumante. Si mangia. Si ride, di nuovo. Un'amica deve andare in bagno nemmeno il tempo di dire "la porto io" che un'altra amica la sta accompagnando. Un sogno? No! Questo dovrebbe accadere sempre. Noi abbiamo imparato a mescolarci.

Vivere un'amicizia è la cosa più bella che la vita possa donarci.

Sono emozioni bellissime. Quasi da "ho fatto vincere la mia squadra di calcio ai mondiali".

Myriam



venerdì 19 febbraio 2010

Esistenze parallele

C'è proprio qualche cosa che non quadra tra persone con disabilità e persone ordinarie. Esistenze parallele, binari diversi... "So che ci sei, ma non ti incontro mai."
La gente ha in testa percorsi differenti. Prendiamo il ristorante...scale per i normodotati e scivolo per persone con disabilità. Se facessero invece solo uno scivolo passeremmo tutti dallo stesso posto e questo sarebbe un buon punto di partenza per lavorare sull'INCLUSIONE. E il paradosso è che poi le persone che dovrebbero risolvere problemi legati alla disabilità, la maggior parte delle volte in materia ne capiscono ben poco. Mi è capitato di provare a parlare coi ben pensanti, con gli assessori, con assistenti sociali l'unica cosa che sanno dire è che le soluzioni ci sono. Loro si difendono così: "eh ma c'è questo centro, eh ma guarda quell'associazione li, eh ma guarda che bel posto per disabili hanno appena inaugurato, eh questo e quell'altro" la questione è che queste soluzioni sono cose che obbligano ancora una volta il disabile a stare solo ed esclusivamente con altri disabili! Questo non va bene.
Di costruire centri siamo capaci tutti, poi ci ficchi dentro un po' di disabili e via!!! Ma i disabili io vorrei che stessero fuori, in mezzo agli altri. Naturalmente che esista già qualcosa che ha a che fare con le persone con disabilità è già un passo in avanti. Siamo indietro però, questo andava bene tempo fa quando il disabile ancora era chiamato handicappato. Adesso ci sono le persone con disabilità che DEVONO vivere in mezzo agli altri. Se andiamo avanti a costruire centri specializzati, associazioni specializzate, giostre per persone disabili, percorsi alternativi per carrozzine non concluderemo un bel niente! E la gente è convinta che dal momento che esistano queste cose le persone con disabilità sono considerate e vengono aiutate. No! Così vengono isolate ancora di più dalla società. Più associazioni ci saranno, meno disabili troveremo in giro...liberi. Non si fa altro che proporre cose in cui il disabile ha un suo percorso personalizzato, e il normodotato passa da un'altra parte. Se per entrare in ospedale ci sono due percorsi diversi, il normodotato e il disabile non si incontreranno mai!!! Dov'è lo scambio? Dov'è questa famosa INCLUSIONE? Non c'è. Si vive distanti gli uni dagli altri. Esistenze parallele.
Finché un normodotato pretenderà di lavorare PER le persone con disabilità, ma da solo non riuscirà mai a fare qualcosa di concreto per loro. Serve la loro esperienza. Sono loro i veri esperti della loro vita. Manca la presa in considerazione della persona con disabilità. Costruisci un cinema? Chiedi la collaborazione di un architetto disabile e vedrai quanti soldi farai! Fai degli appartamenti domotici? Benissimo ma non farne 100 tutti vicini, altrimenti cosa concludi? 100 persone con disabilità che certamente sono autonome a casa loro ma uscendo di casa incontrano solo persone come loro! Dov'è lo scambio reciproco ancora una volta? Fanne uno in centro, un altro in un'altra via eccetera...Così ci si può anche aiutare a vicenda. Certo costa di più, più energie. Ma a cosa si punta? A fare meno fatica? O a far si che le persone con disabilità siano INCLUSE completamente nella nostra società? Perché a questo punto, meglio vivere in un posto inaccessibile ma perlomeno non hai come vicine di casa altre 100 persone disabili ! è questo l'errore: si confinano, si isolano...
Bisognerebbe invece cercare di mescolarsi. Cercare di favorire l'incontro tra persone ordinarie e persone con disabilità. Perché gli uni possano arricchirsi con l'esperienza degli altri e viceversa.

Myriam